Torna dal 22 al 30 gennaio il TRIESTE FILM FESTIVAL, primo e più importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro-orientale, giunto quest’anno alla 27. edizione, diretta da Annamaria Percavassi e Fabrizio Grosoli: nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987), il festival continua ad essere da quasi trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.TFF27

Ospite d’onore di questa edizione, IRÈNE JACOB: l’attrice, tra le interpreti più sensibili del cinema francese, accompagnerà – nell’ambito del focus “La doppia vita del cinema polacco” – l’omaggio del festival a Krzysztof Kieślowski, nel ventesimo anniversario della scomparsa del grande regista. Per l’occasione saranno mostrati i dieci capitoli del Decalogo e i due film che Irène Jacob girò con Kieślowski: La doppia vita di Veronica, che valse all’attrice il premio per la migliore interpretazione al Festival di Cannes, e Tre colori – Film Rosso, candidato nel 1995 a tre premi Oscar (per migliore regia, sceneggiatura e fotografia).

L’omaggio sarà inoltre l’occasione per ricordare una volta di più, attraverso una delle sue passioni cinematografiche, Annamaria Percavassi, fondatrice, anima e direttrice artistica del festival, scomparsa recentemente.

Sole Alto di Dalibor Matanić

Sole Alto di Dalibor Matanić

Ad aprire il festival sarà l’anteprima fuori concorso, venerdì 22 gennaio, del film SOLE ALTO di Dalibor Matanić, una delle rivelazioni dell’ultimo Festival di Cannes (Prix du Jury nella sezione “Un Certain Regard”), candidato al Lux Prize e scelto dalla Croazia per la corsa all’Oscar per il miglior film straniero: in uscita nelle sale italiane a marzo, distribuito da Tucker Film, Sole alto è uno straordinario inno alla vita che racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba. Un amore che Matanić moltiplica per tre volte: stessi attori (Tihana Lazović e Goran Marković) ma coppie diverse, dentro il cuore avvelenato di due villaggi balcanici in tre decenni diversi: il 1991 e l’ombra incombente della guerra; il 2001 e le cicatrici che devastano l’anima; il 2011 e la possibile ma impervia rinascita. Impervia ma possibile, proprio come dimostra – in perfetta sintonia con il respiro del film – la formula produttiva che vede cooperare Croazia, Slovenia e Serbia, restituendo pienamente il percorso di ricostruzione culturale in atto nell’ex Jugoslavia.
La proiezione sarà seguita dal concerto “22nd day of the year – A/V concert”, esibizione live dei Sinkauz Brothers, autori della colonna sonora del film.

Chant d'Hiver di Otar Iosseliani

Chant d’Hiver di Otar Iosseliani

La chiusura sarà invece affidata a un grande del cinema europeo, Otar Iosseliani, e all’anteprima italiana, fuori concorso, del suo CHANT D’HIVER: una commedia in cui il maestro georgiano – per sua stessa ammissione – ha voluto inserire “tutte quelle sciocchezze che m’incantano: l’ottimismo dei ricchi che sprecano la loro vita in così tanti inganni, pur di mantenere un patetico patrimonio… e il sogno di diventare ricchi dei poveri, che se avranno la sfortuna di riuscirci saranno condannati alla stessa infelicità di coloro che adesso invidiano”. Il risultato, caotico e affascinante come nello stile del regista di Caccia alle farfalle e Addio terraferma, è un film sull’amore, la vera amicizia e la speranza in un domani migliore. Arricchito da un cast cosmopolita ed eclettico in cui spiccano – accanto a Rufus e Mathieu Amalric – anche il regista Tony Gatlif e il nostro Enrico Ghezzi.

Nucleo centrale del programma si confermano i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari: a decretare i vincitori, ancora una volta, sarà il pubblico del festival. Otto i titoli, tutti in anteprima italiana, che compongono il Concorso internazionale lungometraggi, dove convivono opere di grandi autori e giovani promesse.
Tra le prime, il nuovo film – come sempre potente ed estremo – della capofila del cinema lettone Laila Pakalnina,

The Red Spider

The Red Spider di Marcin Koszalka

che in AUSMA (Dawn / L’alba) si rifà al passato sovietico, echeggiando nella storia del piccolo Janis quella del “giovane pioniere” Pavlik Trofimovič Morozov, protagonista della propaganda stalinista negli anni ’30; mentre Oleg Novković firma con PATRIA (Otadžbina / Homeland) la seconda parte di una trilogia dedicata alla cosiddetta “generazione perduta” della ex-Jugoslavia, indagando – attraverso un aspro ritratto familiare – la Serbia di oggi, le estreme conseguenze della guerra civile e le possibilità di vita e pentimento dopo le atrocità e i delitti commessi. Esordiente nel “lungometraggio di finzione”, ma ben noto al pubblico internazionale per il suo premiato passato di direttore della fotografia e documentarista, il polacco Marcin Koszałka presenta CZERWONY PAJĄK (The Red Spider / Il ragno rosso), inquietante storia vera – insieme nerissima e visivamente raffinata – di un serial killer nella Cracovia degli anni ’60.

Altri due, oltre ai citati Sole alto e Chant d’hiver, i lungometraggi fuori concorso selezionati come Eventi Speciali di questa edizione: a cominciare dall’anteprima mondiale de LA SUPPLICATION (Voices from Chernobyl / Preghiera per ernobyl’) di Pol Cruchten, con cui il festival vuol ricordare il trentesimo anniversario del disastro di Černobyl’, il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare (26 aprile 1986). Ispirato al romanzo “Preghiera per

Cosmos di Andrzej Zulawski

Cosmos di Andrzej Zulawskit

ernobyl’. Cronaca del futuro” della scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievič, un classico contemporaneo tradotto in tutte le lingue del mondo occidentale, il film rielabora in una forma cinematografica non convenzionale le testimonianze raccolte nel libro. E poi l’anteprima italiana di COSMOS, l’ultimo film di Andrze Zuławski, premiato per la migliore regia allo scorso Festival di Locarno: un’opera inclassificabile che sfugge alle categorie e ai generi, tratta da un romanzo di Witold Gombrowicz che nessuno – se non il visionario autore di film come Possession e Le mie notti sono più belle dei vostri giorni – avrebbe osato portare sullo schermo, e che nelle mani di uławski diventa – come racconta lo stesso regista – “un thriller, una storia d’amore, un’esplorazione dell’animo umano durante la giovinezza. Un po’ spaventoso, molto divertente quando vuole.”

Il Concorso internazionale Documentari propone dieci titoli, tutti in anteprima italiana. Le tracce, visibili e invisibili, che le guerre lasciano anche a distanza di anni nel paesaggio e nella memoria sono le protagoniste di BATTLES (Battaglie) di Isabelle Tollenaere, che attraverso quattro archetipi – una bomba, un bunker, un carro armato, un soldato – ci riporta, senza rinunciare all’ironia, sui luoghi di alcune delle guerre più recenti combattute in Europa. chuck norris vs communismTra i più applauditi documentari dell’ultima stagione, CHUCK NORRIS VS. COMMUNISM di Ilinca Calugareanu (distribuito in Italia da Wanted) racconta l’incredibile storia vera della donna che nella Romania di Ceaucescu sfidò la censura violando l’embargo e doppiando decine di film americani, arrivati di contrabbando in vhs, mostrando per la prima volta ai suoi connazionali un assaggio del mondo occidentale attraverso gli action-movie degli anni ’80 e i loro protagonisti, da Jean-Claude Van Damme a Sylvester Stallone; cinema e Romania anche in CINEMA, MON AMOUR di Alexandru Belc, storia dell’ex proiezionista e direttore del Dacia Panoramic Cinema a Piatra Neamt, tra le ultime vecchie sale rimaste oggi nel Paese, che dimostra come occorra essere creativi (e un po’ folli) in tempo di crisi.

Sono 16 i cortometraggi in concorso per il Premio TFF Corti: tra questi, anche il croato PIKNIK di Jure Pavlović, la_smorfia_posterfresco vincitore dell’European Film Award, storia del legame tra un padre e un figlio. Un tema ricorrente nella selezione di quest’anno, come dimostrano anche l’ungherese ROMANIAN SUNRISE di Ábel Visky, il russo SAŠA di Taisia Deeva e il tedesco ALLES WIRD GUT (Everything Will Be Ok / Andrà tutto bene) di Patrick Vollrath. L’Italia è rappresentata quest’anno da LA SMORFIA di Emanuele Palamara, storia di un cantante napoletano (interpretato da Gianfelice Imparato) e della reazione – insieme battagliera, sarcastica e venata di nostalgia – con cui risponde all’ictus che l’ha costretto sulla sedia a rotelle.

Si conferma anche quest’anno l’attenzione per l’animazione, con una vetrina fuori concorso dove trova posto, accanto a molti esordienti, anche il nome – già noto agli appassionati – del bulgaro Andrey Tzvetkov con il suo nuovo METAMORPHOSIS, versione contemporanea del mito di Icaro ma anche riflessione su come una persona può essere schiacciata da un regime politico.

Metamorfosi

Metamorfosi

Promossa in collaborazione con Sky Arte, che premierà uno dei film della sezione attraverso l’acquisizione e la diffusione sul canale, TriesteFF Art&Sound propone quest’anno cinque titoli che esplorano i più diversi ambiti artistici: ARVENTUR, nuovo film dell’originale regista d’animazione russa Irina Evteeva, è una riflessione in due episodi sulla complessa relazione tra realtà e illusione; dalla Russia arriva anche MUZEJ REVOLUCIJA (Museum “Revolution” / Museo “Rivoluzione”) di Natalija Babinceva, straordinario documento sugli eventi accaduti in Ucraina attraverso il punto di vista della produzione artistica. ERICH LESSING: DER FOTOGRAF VOR DER KAMERA (The Photographer in Front of the Camera / Il fotografo davanti alla macchina da presa) di Tizza Covi e Rainer Frimmel – già autori de La Pivellina – è un ritratto di Erich Lessing, membro della leggendaria agenzia fotografica Magnum, e foto-giornalista tra i più importanti del dopoguerra, che col suo lavoro ha documentato pagine fondamentali del XX secolo come la Rivoluzione ungherese; un altro genio della fotografia, anche se grandementemisconosciuto, è al centro di MEISTRAS IR TATJANA (Master and Tatyana / Il Maestro e Tatjana) di Giedrė Žickytė, sulla storia del lituano Vitas Luckus, forse il miglior fotografo di tutta l’ex Unione Sovietica; l’austriaco FOR MY SISTERS di Stephanus Domanig è invece un viaggio cinematografico nel jazz, con una guida affascinante, la cantante Carole Alston, e le sue icone: Alberta Hunter, Sarah Vaughan e Nina Simone.

Sorprese di genere, anche quest’anno, si va alla scoperta del cinema più “popolare”, che si confronta col grande pubblico (e con i codici, appunto, dei generi cinematografici: dalla commedia nera al “procedural drama”, passando per l’horror) senza dimenticare qualità e ricerca formale: come dimostra il nuovo film di uno dei nomi di punta del cinema greco contemporaneo, Athina Rachel Tsangari, che in CHEVALIER costruisce un gioco al massacro tra sei uomini in barca nel mezzo dell’Egeo. Aule giudiziarie, legal thriller e fantasmi del passato accomunano il rumeno DE CE EU? (Why Me? Perché io?) di Tudor Giurgiu, su un giovane e ambizioso procuratore alle prese con il caso delicato di un vecchio collega accusato di corruzione, e il bulgaro THE PROSECUTOR, THE DEFENDER, THE FATHER AND HIS SON di Iglika Triffonova, ispirato alla storia vera di due avvocati che si affrontano al Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (L’Aja) nel processo a Milorad Krs ć, accusato di aver commesso crimini di guerra nella guerra in Bosnia. Toni da commedia, invece, nel russo STRANA OZ (The Land of Oz / Nella terra di Oz) di Vasilij Sigarev, una storia di Capodanno ironica ed eccentrica piena di eventi incredibili e incontri inaspettati, e in ŠIŠKA DELU E, ritorno a Trieste dello sloveno Jan Cvitkovič,

Demon di Marcin Wrona

Demon di Marcin Wrona

che mette tre amici e uno sgangherato locale di Lubiana al centro di un film che – spiega il regista – “volevo fosse divertente da scrivere, da girare e da vedere”. Per finire, uno straordinario horror che è stato purtroppo il testamento di uno dei giovani talenti più promettenti del cinema polacco, Marcin Wrona, scomparso prematuramente pochi mesi fa: il suo DEMON è una intensa rivisitazione della leggenda ebraica del “dybbuk”, con uno sposo posseduto da uno spirito durante la celebrazione del proprio matrimonio.

Due i focus nazionali di quest’anno, dedicati a Polonia e Romania, che attraversano il programma di quest’anno, toccando anche le altre sezioni.
La doppia vita del cinema polacco” offre, oltre al citato ricordo di Krzysztof Kieślowski, l’ultimo lavoro di Jerzy Skolimowski, 11 MINUT (11 minutes / 11 minuti), sorprendente e adrenalinico spaccato corale della vita di alcuni abitanti di una metropoli dei giorni nostri, e un omaggio in 7 film al documentarista Marcin Koszałka, quest’anno al festival anche con il suo primo lungometraggio di finzione (The Red Spider, in concorso) e protagonista di una masterclass.
Nuovo cinema rumeno tra favola e realtà” fa invece il punto sul cinema rumeno contemporaneo, che grazie agli autori delle nuove generazioni ha fatto parlare nell’ultimo decennio di una sorta di “nouvelle vague” consacrata dalla partecipazione ai maggiori festival internazionali e dalla vittoria nel 2007 di una storica Palma d’Oro (4 mesi 3 settimane 2 giorni di Cristian Mungiu). Il 2015 ha visto attivi – e spesso premiati – molti degli alfieri di questa stagione fortunata, come dimostrano i titoli in programma a Trieste: AFERIM! di Radu Jude, western storico in b/n ambientato nella Romania del XIX secolo, dove il poliziotto Costandin e suo figlio danno la caccia a uno schiavo fuggito dal suo padrone; BOX di Florin Şerban, che racconta l’incontro tra un pugile e un’attrice accomunati dallo stesso disperato bisogno di mettersi alla prova; COMOARA (The Treasure / Il tesoro, distribuito in Italia da Movies Inspired) di Corneliu Porumboiu, delicata commedia nera premiata a Cannes in cui l’amore di un padre per il figlio trasforma in favola un’improbabile caccia al tesoro; e UN ETAJ MAI JOS (One Floor Below / Un piano sotto, distribuito in Italia da Movies Inspired) di Radu Muntean, l’incubo condominiale di un cinquantenne che assiste a un litigio domestico che finisce in omicidio.

Un etaj mai jos

Un etaj mai jos di Radu Muntean

Per il secondo anno, il Trieste Film Festival ospita le proiezioni dei film del LUX PRIZE, il premio istituito nel 2007, a 50 anni dal Trattato di Roma, e assegnato ogni anno dal Parlamento Europeo a un film di produzione europea. Gli 87mila euro assegnati al lungometraggio vincitore sono destinati a sottotitolarlo nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione Europea e produrne una copia in pellicola per ogni Stato membro.
Sarà possibile vedere al festival il vincitore del Lux Prize di quest’anno, MUSTANG di Deniz Ga ze Erg ven (candidato francese all’Oscar, distribuito in Italia da Lucky Red), MEDITERRANEA dell’italo-americano Jonas Carpignano (premiato di recente come miglior esordio dal National Board of Review), il documentario rumeno TOTO SI SURORILE LUI (Toto and His Sisters / Toto e le sue sorelle) di Alexander Nanau e, gradito ritorno, il bulgaro UROK (The Lesson – Scuola di vita, distribuito in Italia da I Wonder Pictures con il supporto di Alpe Adria Cinema) di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, già in concorso lo scorso anno al Trieste Film Festival.

Confermata anche la formula del Premio Corso Salani, che presenta cinque film italiani completati nel corso del

Banat - Il Viaggio di Adriano Valerio

Banat – Il Viaggio di Adriano Valerio

2015 e ancora in attesa di una distribuzione italiana e internazionale: la dotazione del Premio (2mila euro) va intesa quindi come incentivo alla diffusione nelle sale del film vincitore. Immutato il profilo della selezione: opere indipendenti, non inquadrabili facilmente in generi o formati e per questo innovative, nello spirito del cinema di Salani. I titoli: BANAT – IL VIAGGIO di Adriano Valerio, presentato alla 30. Settimana Internazionale della Critica, che racconta la storia di due giovani costretti dalla mancanza di opportunità a emigrare in Romania; DAL RITORNO di Giovanni Cioni, storia di Silvano Lippi, soldato italiano in Grecia fatto prigioniero nel 1943 dai tedeschi e deportato a Mauthausen; LA MIA CASA E I MIEI COINQUILINI (IL LUNGO VIAGGIO DI JOYCE LUSSU) di Marcella Piccinini, ritratto in anteprima assoluta di Joyce Lussu, tra fronti e frontiere, antifascismo militante e lotta anticolonialista, anche attraverso suggestivi materiali d’archivio, una “storica” intervista di Marco Bellocchio e la voce di Maya Sansa; I RICORDI DEL FIUME di Gianluca De Serio e Massimiliano De Serio, nella nuova versione di 96 minuti, un documentario sul Platz, la più grande baraccopoli d’Europa, in cui vivevano fino alla fine del 2014 oltre mille persone di diverse nazionalità, situata sugli argini del fiume Stura a Torino; altra anteprima assoluta è quella di SENZA DI VOI di Chiara Cremaschi, autobiografico ritratto di una generazione – quella nata negli anni ’70 – per cui “partire non è una fuga, significa non arrendersi”.

Mai come quest’anno il Trieste Film Festival è una festa dell’intera città, con eventi che abbracciano luoghi nuovi finora mai coinvolti. Musica, arte, scoperta, incontro e convivialità caratterizzeranno la 27. Edizione, che si avvale di nuove e interessanti sinergie per far partecipare alla festa proprio tutti, dai bambini agli adulti, con e attraverso il cinema. Tra gli eventi collaterali da segnalare, in particolare, Varcare la frontiera, un progetto dell’Associazione Cizerouno che – fedele al suo obiettivo di creare connessioni e contaminazioni tra luoghi, persone, tipi di pubblico e generi espressivi – entra nel programma del Trieste Film Festival con tre giornate dedicate alla straordinaria figura di Fiore de Henriquez, alla riflessione sulle identità di genere e a Pier Paolo Pasolini.

La sigla del Trieste Film Festival 2016 è firmata da Fabio Bressan, designer e videomaker triestino, che ha rielaborato l’immagine creata dall’artista svizzera Julia Geiser per la 27. edizione, la cui cifra è il sezionamento della realtà che Bressan applica ad alcuni edifici simbolo della città. Sulle musiche di Coppelia di Léo Delibes e del Mazel Tov Wedding Dance di Michael Brandon, il nostro simpatico protagonista ci ricorda come il sogno sia una delle meravigliose facoltà che l’essere umano possiede… e non solo lui.